Il suo nome
Il nome “Santa Maria di Leuca o De Finibus Terrae” non deriva da quadro rinvenuto nel sottosuolo o donato da un devoto per grazia ricevuta, ma dal luogo detto dai Greci “Leucos” (la) bianca terra ridente rischiarata dal sole, definita dai Romani “De Finibus Terrae”: cioè ai confini della terra, per indicare l’estremo limite dei “Cives” (cittadini) romani, al di là del quale cominciavano i “Provinciales” (i coloni). Oggi si tende a chiamarla anche “Madonna delle frontiere”, dal momento che dall’estremo lembo d’Italia, Maria spalanca le braccia verso Oriente per infrangerne ogni barriera e fare del mondo intero, l’unico popolo di Dio.
Le sue origini
Il Santuario affonda le sue radici ai primordi del cristianesimo. Esso sorge là dove c’era stato il tempio dedicato alla dea Minerva del quale, entrando in Chiesa, sulla destra, si conserva un cimelio: l’ara o una parte di essa, su cui venivano offerti dai Leuchesi i sacrifici alla Dea. Su questo cimelio c’è scritto su di un lato, in latino: “Ubi olim Minervae sacrificia offerebantur hodie oblationes Deiparae recipiuntur”. Su di un altro lato, in italiano: “Qui dove sacrifici a Minerva offriansi e doni/l’obol sacro a Maria cristian deponi”.Non esistono documenti cartacei che ci parlino dell’origine del Santuario, anche perché le varie distruzioni del tempio hanno fatto perdere ogni traccia, vi sono solo documenti lapidei avvalorati dalla tradizione e da testimonianze molto remote.
La tradizione vuole che a Santa Maria di Leuca sia sbarcato il Principe degli Apostoli -S. Pietro-, proveniente dall’Oriente per recarsi a Roma. Questa tradizione è avvalorata da molte testimonianze di fede: Chiese, lapidi croci erette lungo il tragitto percorso da S. Pietro, città e luoghi a Lui intitolati per ricordarne l’evento. Alcuni esempi: la croce pietrina eretta nella pineta vicina al Santuario, la chiesa di S. Pietro in Galatina, la chiesa di S. Pietro in Giuliano, San Pietro in Lama, San Pietro Vernotico ecc. ecc. Lo confermano anche moltissimi scrittori: Giovan Giovane -in De antqu.et var. Tarentin. fortuna- il Galateo: “de Situ Japigiae”, il Tasselli in “Antch. di Leuca”, l’Arditi in “Leuca Salentina”, V .Rosafio ne “Il Santuario di Leuca o De Finibus Terrae”, ecc. ecc..
Su una delle più antiche lapidi posta sulla porta centrale dell’atrio, si legge: “Scacciato da questo tempio il culto degli idoli dal divino Pietro, i suoi discepoli nell’anno 43 lo dedicarono alla Vergine Madre di Dio Annunziata dall’Angelo. Nell’anno 59 fu insignito di sede vescovile..”.
A riguardo, l’Arditi in “Leuca Salentina”, riportando anche il pensiero del Tasselli, afferma: “…ottenuta la conversione dei Leuchesi, S. Pietro trasformò il loro tempio di Minerva in chiesa dedicata al Salvatore.. e solo dopo la morte e Assunzione in cielo della B. V. Maria, -anno 58 dell’era cristiana-, i discepoli di S. Pietro dedicarono in onore di Lei la chiesa di Leuca”.
La tradizione vuole ancora, che i Leuchesi si recassero a Malta dove dimorava, per ministero, l’evangelista S. Luca e si fecero da lui dipingere la prima immagine della Madonna “la quale aveva sul seno il Bambino in piedi, col braccio destro levato in alto benedicente e da una parte S. Pietro genuflesso con in mano le chiavi e la sacra scrittura, e dall’altra S. Paolo con gli Evangeli e la spada” (G. Arditi o.c.).
Il Santuario è stato distrutto ben cinque volte dalla forza devastatrice dei Turchi e dei Saraceni ed era stato ricostruito sempre seguendo più o meno gli stessi muri perimetrali. La prima si ebbe in seguito all’editto di Diocleziano e di Galerio (293-311) che ordinava la demolizione di tutte le Chiese. Per questo editto anche la Chiesa di Leuca venne rasa al suolo. Riedificata la nuova chiesa e dedicata a Maria salutata dall’Angelo, fu consacrata il 1° agosto del 343 dal Papa Giulio I, il quale, tornando dalla visita ai luoghi santi si fermò a Leuca In quella circostanza, afferma l’Arditi, il Papa arricchì il Santuario di numerose indulgenze. Si dice che durante la celebrazione Eucaristica del Pontefice piovvero dal cielo foglietti con le prescrizioni necessarie per poter avere le indulgenze (Arditi, Pirreca, Tasselli, ecc.) In una vecchia lapide fissata sul lato sinistro della porta
centrale interna della Chiesa si legge.
“Julius hic primus / celebrans, emmissa
de coelo Indulta accepit.
Kalendas, CCCXLIII dum
Consecravit hoc templum”
(Giulio I,/qui celebrando / ricevò dal cielo gli indulti/ 1° agosto 343/ mentre consacrava questo tempio).
Queste parole vogliono significare che le grazie speciali, concesse con le indulgenze dal Pontefice arrivarono inaspettatamente, quasi discese dal cielo.
La Chiesa subì ancora varie devastazioni, e solo nel 1507 i Del Balzo fecero ricostruire il Santuario e lo arricchirono di una bellissima immagine della Madonna con il Bambino, opera di un discepolo del Tiziano, Giacomo Palma iunior, commissionata dal vescovo Giacomo del Balzo.
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